DUE AMICHE PER LORETTA

Da un pò di tempo questo piccolo ricordo diventa più insistente degli altri... va e viene dalla mente con i suoi tanti flash.... Questa sera l'ho spolverato un pò e lo trascrivo con un dolce sorriso ....


Come tutti i bambini anch’io amavo tantissimo gli animali ed ogni sera mi addormentavo tenendo stretto tra le braccia il mio gattino grigio di peluche… e sognavo…. ogni notte sognavo di coccolare un piccolo gattino vero o un cagnolino. Quando il desiderio diveniva forte, provavo a chiedere a mia madre di regalarmi un pelosetto vero promettendole una condotta da dieci e lode… ma lei niente, nessuna promessa riusciva a scuoterle il cuore… lei non amava gli animali né gradiva la loro presenza in casa!

L’unica concessione che mi veniva fatta era quella di soccorrere i passerotti caduti sul davanzale della finestra … ma niente di più!

A quei tempi abitavamo in paese e la finestra della cucina si affacciava sopra un tetto talmente vicino da farmi raccogliere con il cucchiaio la neve caduta. Ma non solo la neve! Capitava spesso che alcuni passerotti, non riuscendo più a volare perché feriti ad una zampa o ad un’ala, erano costretti a rimanere sul tetto o sul davanzale nella speranza di un piccolo aiuto. Mio padre rimaneva intenerito e dispiaciuto alla vista di quei passerotti e mi aiutava sempre a soccorrerli con il cibo e costruendo con la paglia dei piccoli nidi che sistemava in uno scatolo abbastanza alto. Il più delle volte i passerotti morivano ed io piangevo a dirotto per giorni interi, al punto che mia madre non mi concesse più neppure di curare i passerotti!

Un giorno, al ritorno dalla scuola, notai una piccola busta di plastica che si muoveva e lentamente rotolava sul gradino della fontana. Incuriosita mi avvicinai e la osservai per un po’ prima di aprirla! Spalancai gli occhi ed un brivido percorse la mia pelle quando all’interno della busta trovai, tutti stretti tra loro, sei gattini appena nati. Adagiai la busta sul gradino e presi tra le mani l’unico gattino che si muoveva e miagolava con tutte le sue forze, lo sistemai nel mio cappello di lana e corsi a chiamare la mia amica che abitava proprio lì vicino. Insieme ritornammo dagli altri gattini per soccorrerli ma fu tutto inutile perché erano già morti. Decidemmo di adagiarli in un piccolo scatolo e di seppellirli  nel piccolo fazzoletto di terra situato accanto al fiume  che attraversava il paese.

Il mio sogno si era avverato perché avevo un gattino tutto per me! Non riuscivo a crederci e felicissima mi apprestavo a tornare a casa con la certezza che mia madre non avrebbe mai avuto il coraggio di mandar via quel piccolo cuccioletto, così dolce, tenero e indifeso…. E invece no! Mia madre non volle sentire nessuna ragione, mi invitò a portare via quel gattino perché, secondo lei, era malato ed aveva la rogna. Non era assolutamente vero! Quel gattino aveva solo fame e tutto questo lo capì solo mio padre che fu costretto, suo malgrado, ad assecondare la decisione di mia madre per evitare storie! Scesi di casa piangendo con il piccolo gattino nel cappello e andai a casa della mia amica Lucia a chiederle aiuto.

Quando la mamma di Lucia venne ad aprirmi la porta rimase sbalordita alla vista del mio volto in lacrime e del gattino che miagolava. Si asciugò le mani sul grembiule e corse nella stanza di Lucia a prendere il biberon della bambola che riempì con un po’ di latte. Ritornò frettolosa da me, prese con tanto amore il gattino dal cappello e cercò di fargli bere il latte dal biberon sussurrandogli paroline dolcissime. Io la guardavo meravigliata mentre sentivo dentro di me una punta di invidia nei confronti di Lucia che aveva una mamma così disponibile e affettuosa nei confronti di quel gattino, mentre la mia si era limitata soltanto al suo imperativo “fallo sparire”.

Dopo diversi tentativi il gattino si calmò, riuscì a bere più di una bottiglietta di latte e si addormentò sul mio cappello di lana che Lucia adagiò sulla poltrona accanto al suo letto. Io e lei rimanemmo lì a guardarlo respirare dolcemente e a stiracchiarsi di tanto in tanto.

“Come facciamo per il gattino?” – chiesi a Lucia con grande tristezza.

“Non ti preoccupare, sotto casa abbiamo il giardino e non sarà un problema per mia mamma farmelo tenere”, rispose Lucia con un sorriso e mentre poggiava la sua mano sulla mia mi disse “…non dimenticare che lo hai trovato tu, quindi il gattino è nostro, non solo mio, no?”

In quel momento entrò in camera la mamma di Lucia ed io abbassai lo sguardo per il timore che mi invitasse a portarlo via. Lucia mi osservava silenziosa.

“Cosa c’è, perché quel musino triste? Il gattino ha mangiato e adesso, come vedi, dorme spensierato al calduccio del tuo cappello. Hai fatto tanto per lui, lo hai salvato ed è per questo che voglio vederti sorridere…” mi disse la mamma di Lucia mentre mi porgeva alcune barrette di cioccolata.

La ringraziai per le barrette ma il mio volto rimase chino sulle mie ginocchia. Lei si avvicinò inginocchiandosi di fronte a me, mi alzò il viso con la sua dolce mano e sorridendo mi disse “Lo so, a casa non puoi portarlo e mi dispiace tanto per questo. Mio marito non vuole animali in casa ma io non riesco a mandarlo via. Tu sai che abbiamo quel piccolo giardino e una cantina dietro casa, lo sistemeremo nella cantina in una bella cuccia e potrai venirlo a trovare quando vuoi!”

Alle sue parole, io e Lucia l’abbracciammo forte cospargendole le guance di mille baci mentre lei rideva e ci diceva “Basta, basta! Andiamo a trovargli una cuccia! Ci mettiamo il nastro rosa visto che è una femmina, che dite?”

“SI!” rispondemmo in coro e saltellando dalla gioia andammo insieme a lei in soffitta. Decidemmo di utilizzare come cuccia il cestino di paglia che stava lì dalle feste di Natale. Una sistemazione abbastanza comoda considerata l’emergenza! Adagiammo nel cestino una copertina di lana e quando la piccola gattina si ritrovò comoda nella sua nuova cuccia, non esitò ad infilarsi sotto la coperta! All’interno della cantina riuscimmo a trovare perfino un posto più confortevole per lei, l’interno di un vecchio camino che ovviamente era inutilizzato!

Ritornai a casa dopo aver ringraziato Lucia e la mamma. Il mio cuore non brillava dalla gioia ma ero contenta che quella piccola pelosetta avesse trovato l’affetto e le cure di una famiglia. Mia madre mi chiese come avessi risolto la faccenda ma io non le risposi e andai a chiudermi nella mia stanza. Mio padre non mi chiese nulla ma mentre stavo per chiudere la porta sentii che diceva “So che non l’hai abbandonato, poi mi dirai….”.

Mi distesi sul mio letto e scrissi sul mio diario la storia della piccola gattina che chiamammo Loretta e cercai di raffigurarla con un piccolo disegno a pastelli. L’indomani, regalai alla mamma di Lucia un mazzetto di ciclamici selvatici che avevo raccolto lungo il viale che conduceva a casa di mia zia, per ringraziarla. Lei rimase molto contenta e mi offrì altre due barrette di cioccolata.

Non dissi mai a nessuno a chi avevo regalato quel cuccioletto minuscolo. Ogni giorno ero lì, dalla mia amica Lucia a giocare con la gattina nella cantina ed ero felicissima quando lei saltellava e correva dietro ai gomitoli di lana che le portavo, sottraendoli a mia nonna! Quando la micetta diventò un po’ più grande, a primavera, giocavamo insieme nel giardino tra i fiori, sedute in mezzo all’erba… e ricordo le tante risate…. ma anche l’espressione incredula della vecchietta che abitava di fronte al giardino, quando non trovava più la fetta di carne. A questo punto sono costretta, dopo tantissimi anni, a svelare un segreto!

La vecchietta aveva una strana abitudine: prima di mangiare una fetta di carne la lavava e la metteva ad asciugare al sole, in un piatto poggiato sul davanzale della finestra. La gattina, quando stava con noi nel giardino e sul davanzale c’era la carne al sole, come una saetta rincorreva l'odore, saltava su quel davanzale e portava via la fetta di carne! Noi ridevamo a crepapelle quando la vecchietta non riusciva a spiegarsi come mai la fetta di carne spariva e si affacciava da tutte le parti per ritrovarla mentre parlava e imprecava ad alta voce! Non ha mai pensato né saputo di chi fosse la colpa, meglio così!

La presenza di quella piccola creatura, con il passar del tempo, riuscì ad intenerire anche il cuore del padre di Lucia che le permise di portarla nella sua stanza. Da quel giorno Loretta ebbe una sistemazione ancora più confortevole accanto al letto di Lucia mentre nella cantina rimase il suo piccolo posticino per i soddisfare i suoi bisogni.

Dopo qualche anno, io lasciai il mio paese per trasferirmi poco distante e Lucia con la sua famiglia andò ad abitare a Milano portando via anche Loretta. Non ci siamo più incontrate da allora… sono rimasti nel cuore questi dolci ricordi che ogni tanto mi portano indietro nel tempo e mi fanno rivivere, anche se per pochi istanti, quell’amore e quella comprensione che in un tempo lontano hanno colorato i giorni più felici di quel periodo!

(Antonella Riviello)



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